Pubblichiamo le dichiarazioni dell'"Istituto psicoanalitico del bambino" in merito alla recente polemica scoppiata intorno al caso dell'autismo. La questione riguarda tutta l'Europa, dove i nostri colleghi in Spagna, in Francia, come noi qui in Italia, si sono trovati ad affrontare proposte di legge o linee guida degli istituti sanitari nazionali miranti ad escludere le psicoanalisi da trattamento dell'autismo. Questa è la punta emergente di una battaglia culturale e politica di portata molto ampia, che vede convergere le forze dello scientismo dominante e delle burocrazie amministrative attuali contro le forme d'espressione e di cultura che resistono alla riduzione della soggettività a mero oggetto di calcolo.
La posizione dell'Istituto psicoanalitico del bambino sul problema dell'autismo
Negli ultimi mesi l’Istituto psicoanalitico del Bambino è venuto a
conoscenza di una strana campagna che mira a escludere la psicoanalisi dalla
presa in carico di bambini e adolescenti autistici. Questa campagna culmina
ora con una proposta di legge che ha mobilitato tutti i rappresentanti
professionali[1] e le più grandi associazioni dei familiari (UNAPEI).
La suddetta campagna è il risultato di un intenso lavoro di lobbismo che
adduce le intenzioni più lodevoli: migliorare le condizioni di una categoria
della popolazione. Infatti, si tratta per i suoi promotori di ottenere dai
poteri pubblici delle sovvenzioni massive a beneficio dei metodi di
condizionamento, in modo da offrire delle soluzioni ready-made alle
famiglie, che cercano con inquietudine delle soluzioni laddove c’è una reale
penuria di accoglienza istituzionale.
L’Istituto psicoanalitico del Bambino riunisce degli psicoanalisti, degli
operatori di istituzioni specializzate – psichiatri, psicologi, infermieri,
ortofonisti, psicomotricisti -, dei professionisti del campo infantile –
insegnanti, educatori, giuristi, medici… - che operano da molti anni con
bambini che soffrono, orientandosi a partire dalla psicoanalisi, di Freud,
di Lacan e dalle avanzate più recenti della ricerca clinica.
È a questo titolo che l’Istituto psicoanalitico del Bambino, attraverso la
sua Commissione di iniziativa, vuole prendere posizione. Si tratta qui di
testimoniare dei principi che governano la nostra azione.
1 – Ricordiamo che in Francia, a partire dagli anni ‘60-‘70, sono gli
psichiatri infantili e gli psicologi formati alla psicoanalisi che iniziano
a preoccuparsi della sorte dei bambini autistici, fino a quel momento
collocati negli ospedali psichiatrici o in istituzioni chiuse, in cui la
dimensione deficitaria era preponderante. Essi trovano appoggio negli
psicoanalisti anglosassoni Frances Tustin, Margaret Malher, Donald Meltzer,
e nell’istituzione di Maud Mannoni “la Scuola sperimentale di Bonneuil”, con
il lavoro di Rosine e Robert Lefort, allievi di J. Lacan. L’insieme di
questi lavori offre agli operatori – psichiatri, psicologi, infermieri,
educatori, ortofonisti, psicomotricisti – l’idea di un trattamento possibile
e di un’esperienza pratica che tengano conto del sintomo del soggetto, al di
là della coercizione.
In questa prospettiva si creano i centri diurni, nel movimento di
settorializzazione della psichiatria. Si tratta di offrire un’accoglienza
che non sia basata sul deficit e che tenga conto della particolarità del
soggetto. La situazione familiare fa parte di questa particolarità, poiché
le costellazioni familiari sono lontane dall’essere tutte identiche. I
genitori vengono accolti, ascoltati. I bambini, gli adolescenti, sono
inseriti in piccoli gruppi, stimolati attraverso diversi
“atelier-laboratori” in cui possono declinarsi i loro interessi. Nei
momenti del pasto, del gioco, dello studio, sperimentano nuovi rapporti con
gli oggetti e con le domande, con ciò che struttura il mondo di ogni
bambino, ma da cui i bambini autistici si difendono.
2 – Questa lunga esperienza di diagnosi, di accompagnamento delle famiglie,
di messa in opera di percorsi tessuti in modo particolare per ognuno, è
stato oggetto di numerose pubblicazioni e di raccolte di lavori. Essa non
avrebbe potuto sostenersi senza il riferimento quotidiano alla psicoanalisi,
al suo corpus testuale, al suo vivace insegnamento.
Come situare oggigiorno il posto della psicoanalisi nel trattamento del
bambino autistico? Proponiamo cinque assi di risposta:
- La formazione analitica, ovvero l’esperienza di una psicoanalisi
personale, offre agli operatori un potente strumento per situare la loro
azione presso i soggetti autistici alla giusta distanza, aiutandoli a tenersi distaccati
dagli ideali di normalizzazione o di normalità incompatibili con l’accompagnamento
professionale di soggetti sofferenti.
- Il rispetto della posizione del soggetto è la bussola che orienta, in
effetti, quest’azione. Non si tratta in nessun caso di lasciare il bambino,
l’adolescente, preda, per esempio, delle sue stereotipie, delle ripetizioni,
delle ecolalie ma, considerando questi fenomeni come un primo trattamento elaborato dal bambino
per difendersi, si tratta piuttosto di introdurvi, discretamente, elementi nuovi che vanno
a complessificare “il mondo dell’autismo”.
- La posta è innanzitutto che per il bambino possano localizzarsi l’angoscia o
la perplessità generate in lui dall’essere interpellato da un altro, e dalla
messa in gioco delle funzioni del corpo nel loro legame con questa domanda, funzioni che riguardano
nutrirsi o lasciarsi nutrire, perdere gli oggetti urinari e anali, guardare
essere guardato, ascoltare e farsi ascoltare. Gli psicoanalisti da
parecchio tempo hanno notato una varietà di rituali d’interposizione che constano di
numerosi tratti sintomatici invalidanti. La creazione o la scoperta da parte
del bambino di un “oggetto autistico”, qualunque ne sia la forma, è spesso
una risorsa feconda per creare legami e spazi nuovi, liberi
dalle costrizioni “autistiche”.
- Gli psicoanalisti non contestano in alcun modo l’inscrizione dei bambini
autistici nei dispositivi d’apprendimento. Al contrario, mettono in risalto il fatto
che il soggetto autistico è spesso già “al lavoro”. Gli autistici cosiddetti
“ad alto funzionamento” dimostrano in questo ambito un consistente investimento
del pensiero, del linguaggio e del campo cognitivo, in cui trovano
risorse inedite. Più in generale, per tutti i bambini, gli operatori cercano
di privilegiare gli approcci pedagogici ed educativi più adeguati,
per fare posto alle singolarità sociali e cognitive dei bambini autistici.
Insegnanti ed educatori testimoniano, all’interno dell’Istituto
psicoanalitico del Bambino, quel che hanno elaborato con il bambino o l’adolescente.
- In compenso gli psicoanalisti si oppongono con grandissima forza ai metodi cosiddetti “d’apprendimento intensivo”. Questi sono in realtà
metodi di condizionamento comportamentale che utilizzano massicciamente il
lobbysmo, ovvero l’intimidazione, per promuovere “prese in carico”
totalitarie e totalizzanti che si autoproclamano l’unico trattamento valido
dell’autismo. Lungi da questo riduzionismo, occorre differenziare i diversi
approcci dell’apprendimento. Gli psicoanalisti e gli operatori, raggruppati
all’interno dell’Istituto psicoanalitico del Bambino, rappresentando tutte
le categorie professionali presenti nel campo dell’infanzia, si dichiarano
particolarmente legati, per i bambini e gli adolescenti autistici, ai
sistemi di cura e di educazione esistenti in Francia, fintantoché essi
permettono di suddividere le rispettive e differenziate responsabilità fra i
professionisti della cura, dell’educazione e i genitori.
3 – Le classificazioni attuali dei disturbi mentali – in particolare il
DSM – gettano una grande confusione nel dibattito, facendo apparire sullo
stesso livello diagnostico sintomi dell’infanzia quali la balbuzie o l’enuresi,
“disturbi” riferiti a una normalità sociale (quali i “disturbi oppositivi
provocatori” o i “disturbi del comportamento”) e l’autismo (“disturbo
autistico”). L’autismo, e le sue diverse forme, risulta così isolato come l’unico
vero e proprio quadro clinico della categoria “Disturbi pervasivi dello
sviluppo”. I dibattiti in corso sulla continuità dello “spettro autistico”,
sull’opportunità di mantenere nella stessa serie dei disturbi pervasivi
dello sviluppo (PDD) i cosiddetti “Asperger”, mostrano quanto tale categoria
sia instabile. All’interno di tale “spettro”, occorre esaminare nel
dettaglio i fenomeni d’invasione del corpo e collocare le manifestazioni
strane e inquietanti di cui esso è preda. Gli psicoanalisti e i numerosi
operatori d’orientamento lacaniano accompagnano così molti bambini e
adolescenti in questa elaborazione, che permette loro di mantenere o di
trovare un posto nel legame sociale e familiare. I genitori, grazie a questo, possono
autorizzarsi a parlare di alcuni tratti del loro figlio, possono coglierne il
valore, nonostante il carattere strano di questi tratti. Tale lavoro è necessariamente
lungo, giacché presuppone il fatto di prendere in causa una differenza del bambino
che va contro le attese e i desideri che circondano la sua presenza al
mondo. Lo psicoanalista, in posizione di raccogliere tale sofferenza, deve
essere attento alla sofferenza dei genitori e sostenerli nella loro prova.
4 –Molteplici ipotesi eziologiche – genetiche, vacciniche, neuro
cognitive, ecc. - presentate come verità scientifiche spesso in base soltanto
a un unico articolo pubblicato su una rivista, del cui carattere distorto si verrà a conoscenza
solo qualche mese o anno dopo – circolano nei media e
sconvolgono le famiglie. Queste ipotesi causali corrispondono strettamente alla
riduzione dell’autismo a un disturbo dello sviluppo, presentato come una
malattia genetica se non addirittura epidemica. Esse si avvalorano della
legge del 2005 sull’handicap, che pure non mira in alcun modo ad affermare qualcosa del tipo: “È un handicap, dunque non è una malattia”, ma permette un
orientamento adeguato per il bambino e un aiuto per la famiglia. Molto su questo
punto resta da fare, e le associazioni dei genitori sono una forza
indispensabile e imprescindibile per far avanzare progetti adatti, in
particolare per i bambini più piccoli, per gli adolescenti e per i giovani
adulti. In questo senso, l’annuncio che l’autismo è una grande causa nazionale
può solo rallegrare tutti coloro che sono mobilitati per prendersi cura
dei bambini e degli adolescenti autistici.
5 – Gli psicoanalisti seguono tutti i dibattiti scientifici sulle
cause dell’autismo infantile. Qualunque siano le cause, queste non possono ridurre
il soggetto a una macchina. Gli psicoanalisti tengono conto delle sofferenze che
incontrano e promuovono istituzioni e pratiche per garantire che il
bambino e la sua famiglia saranno rispettati nel loro aspetto soggettivo.
Facilitano, ogni volta che è possibile, l’inserimento del bambino in legami
sociali che non lo destabilizzano. Non sono detentori di una verità
“psicologica” sull’autismo, non sono promotori di un “metodo educativo”
particolare. Sono portatori di un messaggio chiaro per il soggetto
autistico, per i genitori, e per tutti coloro che, in istituzione o nell’accoglienza
individuale, hanno deciso e fanno la scommessa di accompagnarli- e gli
psicoanalisti sono tra questi. È possibile costruire un altro mondo
rispetto al mondo della difesa e della protezione in cui è chiuso il bambino
autistico. È possibile costruire una nuova alleanza tra il soggetto e il
suo corpo. Lo sforzo di tutti mira a dimostrare clinicamente questa
possibilità.
La Commissione d’iniziativa dell’Istituto psicoanalitico del Bambino
: Judith Miller (Parigi), Dott. Jean-Robert Rabanel (Clermont-Ferrand),
Dott. Daniel Roy (Bordeaux), Dott. Alexandre Stevens (Bruxelles).
Traduzione di Beatrice Bosi, Pierangela Pari, Adele Succetti, Monica Vacca
. Revisione di Rosanna Tremante
Il punto che vorrei fosse considerato è che la campagna che mira a escludere la psicoanalisi dalla presa in carico di bambini e adolescenti autistici è mossa da associazioni di genitori mentre la campagna a favore è mossa da coloro che considerano l'autismo da un punto di vista professionale...
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo. Aggiungo che bisogna considerare, sullo sfondo, le burocrazie amministrative che sono perfettamente sintone con l'ideologia scientista.
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