martedì 13 settembre 2011
Libertà per Rafah Nached, psicoanalista arrestata in Siria
Non è più il tempo in cui gli psicoanalisti possano stare chiusi nei loro studi. La psicoanalisi è sempre stata una forza innervata nel sociale. Negli scritti di Freud, da “La morale sessuale civile” al “Disagio della civiltà”, questo aspetto è di continuo in primo piano. In Lacan sappiamo come l’Altro del discorso inconscio non sia il mero ricettacolo di storie private, ma un terreno su cui si giocano sapere, potere, godimento, contrasti, giustizia e ingiustizia, rivendicazioni sospese, rimozioni ma anche repressioni, insieme alle controspinte verso la libertà. È giunto il momento in cui è necessario che la psicoanalisi mostri pubblicamente le forze che la abitano e che ne traversano l’esperienza. Questo si impone ora con una energia e con un’urgenza fino ad oggi sconosciute.
Le forze della reazione si esprimono in Occidente con figure oppressive che spengono il desiderio, come lo scientismo, il liberismo estremizzato, la burocrazia soverchiante in grado di estinguere ogni fantasia cercando di contrastare l’azione che porta fuori del cerchio di un capitalismo di cui si vuol far credere non esistano alternative.
Nel mondo arabo, percorso da una primavera che riaccende la storia, le forze della reazione hanno un volto più brutale, hanno il volto del massacro, dell’assassinio politico, della guerra, della barbarie senza infingimenti. Tutto ciò che ha un valore nel riaprire la mente alla libertà di pensiero presenta un rischio per un potere tenuto insieme da una tradizione oscurantista. Tutto ciò che ha in sé la possibilità lenire la sofferenza psicologica e di rimettere in circolazione il desiderio mette a repentaglio un’autorità che si regge sulle inferriate e che si difende con i carri armati.
Rafah Nached è stata la fondatrice della Scuola di psicoanalisi di Damasco, e ha tentato di far conoscere la psicoanalisi in Siria, mettendo tutto il proprio impegno, anzi, facendosi un dovere di aprire una strada all’inconscio in un luogo che considerava ostile alla psicoanalisi. Rafah è autrice di diversi articoli, alcuni di carattere storico, sugli sviluppi della psicoanalisi in Siria, altri di carattere teorico e clinico, nei quali riconosce il posto del linguaggio e della parola.
Rafah è stata la prima donna a esercitare la psicoanalisi in Siria, e ha sempre espresso il proprio impegno scientifico, clinico e umanitario, intrattenendo rapporti e organizzando e animando convegni con le comunità universitarie.
Rafah è una testa pensante della psicoanalisi, e questo è sufficiente a far saltare i nervi scoperti delle dittature. Sappiamo che non occorre essersi macchiati di nessuna colpa né di nessuna azione specificamente politica per scatenare la reazione feroce delle regimi assoluti. La colpa è pensare, la colpa è desiderare, è non chiudersi in casa nel proprio guscio privato.
Quando una psicoanalista viene colpita senza nessuna ragione se non la libertà che ha saputo mostrare e la forza d’iniziativa di pensiero che è stata in grado di esprimere, suona un campanello d’allarme per tutti, e nel momento in cui, come comunità psicoanalitica, siamo chiamati a mobilitarci per questo, abbiamo al tempo stesso la dimostrazione della vitalità che la psicoanalisi porta dovunque attecchisca, e della necessità della sua esistenza come antidoto all’immobilismo e all’arretratezza.
Marco Focchi
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grazie
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