lunedì 20 dicembre 2010

Le nuove famiglie e il padre postmoderno







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6 commenti:

  1. Grazie di questo post - non so "perchè", ma mi ha fatto venire in mente "A serious man" dei fratelli Coen: al protagonista, Larry Gopnik, comincia improvvisamente ad andare tutto storto. Disperato decide di seguire il suggerimento di rivolgersi ad un rabbino considerato molto in gamba.

    Incontra il rabbino, gli spiega la sua situazione di sofferenza e tutte le domande che non trovano risposta, e il rabbino gli racconta la storia dei denti del non ebreo:

    Un giorno un dentista ebreo scopre che un suo cliente non ebreo ha incisa all'interno dei denti inferiori una scritta in ebraico che significa: "Salvami!"

    Il dentista non si dà pace, controlla e ricontrolla i denti per verificare la scritta che effettivamente è là, non dorme più la notte: quella scritta è diretta a lui? E che significa? Si rivolge quindi al rabbino chiedendogli che significa, se è diretta a lui, se è un segno di Dio e se vuol dire che lui, proprio lui, deve aiutare gli altri.

    A questo punto il rabbino interrompe il racconto. Allora Larry Gopnik gli chiede:

    "E lei che cosa gli ha risposto?"

    "E’ rilevante?"

    "Non è per questo che me l’ha raccontato?"

    "D’accordo. Gli dissi: i denti? Non sappiamo.Un segno di Dio? Non sappiamo. Aiutare gli altri? Non fa danno."

    "Ma per chi era il messaggio?"

    "Non possiamo sapere tutto."

    "Pare che lei non sappia niente... e che successe al dentista?"

    "Che poteva succedergli? Niente di che. Per un po’ continuò a cercare messaggi nei denti dei clienti. Poi si accorse di non farlo più. Ritornò alla vita.
    Queste domande che ti turbano forse sono come il mal di denti: le senti per un po’ e poi spariscono."

    "Ma io non voglio che spariscano! Voglio una risposta!"

    "Certo, tutti vogliono una risposta... ma Dio non ci deve la risposta, Dio non ci deve proprio niente. L’obbligo è al contrario."

    "Ma perché lui ci fa avvertire le domande se poi non intende darci le risposte?"

    "Non me l’ha detto."

    Perplesso Larry Gopnik chiede infine:
    "E che fine ha fatto il non ebreo?"

    "Il non ebreo? e chissenefrega!"

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  2. Questo articolo è molto interessante; tra le altre ragioni anche per la segnalazione del libro di Zweig.
    Data la centralità del Nome del padre nel discorso di Lacan, però, vorrei porre alcune domande per capire quanto profondo è il "passaggio" che qui viene richiamato, quello all'ultimo Lacan, per intenderci.

    Io ho sempre creduto che per Lacan valesse questa sequenza:
    (1) non c'è soggetto senza castrazione, (2) non c'è castrazione senza Nome del padre, quindi (3) non c'è soggetto senza Nome del padre.
    Questa sequenza dà un posto strutturale al padre.
    Questa sequenza vorrebbe essere (nelle intenzioni di Lacan) la descrizione di una struttura simbolica? A me verrebbe da dire che vorrebbe essere la descrizione di una struttura DEL simbolico, cioè: non qualcosa che cambia con il cambiare delle configurazioni simboliche di cui si parla all'inizio di questo articolo. Per dire questa differenza, trovo nell'articolo questa bella espressione: "il reale irriducibile e necessario al fine della genesi soggettiva", dove non si parla in generale del Reale, ma del reale nascosto nella configurazione simbolica (e storica) della famiglia borghese. Insomma: a parte gli accadimenti transeunti, ci sono configurazioni simboliche che, pur inquadrando molti accadimenti, sono storiche (cambiano lentamente, ma cambiano) e vi sono anche strutture che sono invarianti, sebbene operino (cioè: strutturino) sempre attraverso la mediazione delle configurazioni storiche. Ecco, la sequenza precedente, ho sempre creduto che fosse parte delle strutture.
    Ora mi pare di scoprire che non è così.

    Allora ho pensato di ricostruire il passaggio in questo modo:
    non è la castrazione l’invariante, l’invariante è qualcos’altro che prima operava attraverso la castrazione e ora altrimenti.
    Allora, ecco due domande: come si chiama questo “qualcos’altro”? Come opera oggi?
    A proposito della prima, rileggendo questo testo scriverei perlomeno quest’altra sequenza:
    (1’) non c’è soggetto senza un certo far fronte al godimento, (2’) non c’è una regola universale o delle istruzioni buone per tutti da applicare per far fronte al proprio godimento, (3’) il padre dà un esempio di come trattare e far fronte al proprio godimento.

    Questa seconda sequenza non dà un posto strutturale al padre: diciamo che semplicemente gli dà un posto. Mi spiego: che sia inevitabile trovare un esempio, non è qui detto e se anche fosse detto (aggiungendo qualcosa al ragionamento), non sarebbe detto che quell’esempio deve essere fornito dal padre.
    Ecco allora la prima domanda che vorrei porre: quanto larghi sono i margini che contornano lo spazio di chi da (o ha da dare) quell’esempio singolare? Può non essere il padre biologico, ma può anche non essere chi svolge una funzione simile al padre (es: è il compagno della madre)? Può addirittura non essere neppure un uomo (maschio)?

    Alla domanda precedente tengo molto, ma, da un punto di vista teorico, ce ne sarebbe un’altra: se è vero che “non c’è soggetto senza un certo fra fronte al desiderio”, quali sono i limiti stando dentro ai quali qualcosa conta come “un certo far fronte”?
    Ad esempio: se tali limiti sono quasi per nulla esigenti, ci troviamo a spiegare perché Lacan dica che v’è soggetto anche nella psicosi; se invece i limiti sono più esigenti, allora può accadere che il soggetto non si costituisca o generi. La sequenza 1-3 indicava tali limiti: deve prodursi la castrazione (= qualcuno, sia esso il padre biologico o meno, deve svolgere la funzione del Nome del padre, cioè dare la Legge ecc.). Ora invece è tutto più sfumato – forse ancora più interessante, però.

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  3. Questo articolo è molto interessante; tra le altre ragioni anche per la segnalazione del libro di Zweig.
    Data la centralità del Nome del padre nel discorso di Lacan, però, vorrei porre alcune domande per capire quanto profondo è il "passaggio" che qui viene richiamato, quello all'ultimo Lacan, per intenderci.

    Io ho sempre creduto che per Lacan valesse questa sequenza:
    (1) non c'è soggetto senza castrazione, (2) non c'è castrazione senza Nome del padre, quindi (3) non c'è soggetto senza Nome del padre.
    Questa sequenza dà un posto strutturale al padre.
    Questa sequenza vorrebbe essere (nelle intenzioni di Lacan) la descrizione di una struttura simbolica? A me verrebbe da dire che vorrebbe essere la descrizione di una struttura DEL simbolico, cioè: non qualcosa che cambia con il cambiare delle configurazioni simboliche di cui si parla all'inizio di questo articolo. Per dire questa differenza, trovo nell'articolo questa bella espressione: "il reale irriducibile e necessario al fine della genesi soggettiva", dove non si parla in generale del Reale, ma del reale nascosto nella configurazione simbolica (e storica) della famiglia borghese. Insomma: a parte gli accadimenti transeunti, ci sono configurazioni simboliche che, pur inquadrando molti accadimenti, sono storiche (cambiano lentamente, ma cambiano) e vi sono anche strutture che sono invarianti, sebbene operino (cioè: strutturino) sempre attraverso la mediazione delle configurazioni storiche. Ecco, la sequenza precedente, ho sempre creduto che fosse parte delle strutture.
    Ora mi pare di scoprire che non è così.

    Allora ho pensato di ricostruire il passaggio in questo modo:
    non è la castrazione l’invariante, l’invariante è qualcos’altro che prima operava attraverso la castrazione e ora altrimenti.
    Allora, ecco due domande: come si chiama questo “qualcos’altro”? Come opera oggi?
    A proposito della prima, rileggendo questo testo scriverei perlomeno quest’altra sequenza:
    (1’) non c’è soggetto senza un certo far fronte al godimento, (2’) non c’è una regola universale o delle istruzioni buone per tutti da applicare per far fronte al proprio godimento, (3’) il padre dà un esempio di come trattare e far fronte al proprio godimento.

    Questa seconda sequenza non dà un posto strutturale al padre: diciamo che semplicemente gli dà un posto. Mi spiego: che sia inevitabile trovare un esempio, non è qui detto e se anche fosse detto (aggiungendo qualcosa al ragionamento), non sarebbe detto che quell’esempio deve essere fornito dal padre.
    Ecco allora la prima domanda che vorrei porre: quanto larghi sono i margini che contornano lo spazio di chi da (o ha da dare) quell’esempio singolare? Può non essere il padre biologico, ma può anche non essere chi svolge una funzione simile al padre (es: è il compagno della madre)? Può addirittura non essere neppure un uomo (maschio)?

    Alla domanda precedente tengo molto, ma, da un punto di vista teorico, ce ne sarebbe un’altra: se è vero che “non c’è soggetto senza un certo fra fronte al desiderio”, quali sono i limiti stando dentro ai quali qualcosa conta come “un certo far fronte”?
    Ad esempio: se tali limiti sono quasi per nulla esigenti, ci troviamo a spiegare perché Lacan dica che v’è soggetto anche nella psicosi; se invece i limiti sono più esigenti, allora può accadere che il soggetto non si costituisca o generi. La sequenza 1-3 indicava tali limiti: deve prodursi la castrazione (= qualcuno, sia esso il padre biologico o meno, deve svolgere la funzione del Nome del padre, cioè dare la Legge ecc.). Ora invece è tutto più sfumato – forse ancora più interessante, però.

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  4. Questo articolo è molto interessante; tra le altre ragioni anche per la segnalazione del libro di Zweig.
    Data la centralità del Nome del padre nel discorso di Lacan, però, vorrei porre alcune domande per capire quanto profondo è il "passaggio" che qui viene richiamato, quello all'ultimo Lacan, per intenderci.

    Io ho sempre creduto che per Lacan valesse questa sequenza:
    (1) non c'è soggetto senza castrazione, (2) non c'è castrazione senza Nome del padre, quindi (3) non c'è soggetto senza Nome del padre.
    Questa sequenza dà un posto strutturale al padre.
    Questa sequenza vorrebbe essere (nelle intenzioni di Lacan) la descrizione di una struttura simbolica? A me verrebbe da dire che vorrebbe essere la descrizione di una struttura DEL simbolico, cioè: non qualcosa che cambia con il cambiare delle configurazioni simboliche di cui si parla all'inizio di questo articolo. Per dire questa differenza, trovo nell'articolo questa bella espressione: "il reale irriducibile e necessario al fine della genesi soggettiva", dove non si parla in generale del Reale, ma del reale nascosto nella configurazione simbolica (e storica) della famiglia borghese. Insomma: a parte gli accadimenti transeunti, ci sono configurazioni simboliche che, pur inquadrando molti accadimenti, sono storiche (cambiano lentamente, ma cambiano) e vi sono anche strutture che sono invarianti, sebbene operino (cioè: strutturino) sempre attraverso la mediazione delle configurazioni storiche. Ecco, la sequenza precedente, ho sempre creduto che fosse parte delle strutture.
    Ora mi pare di scoprire che non è così.

    Allora ho pensato di ricostruire il passaggio in questo modo:
    non è la castrazione l’invariante, l’invariante è qualcos’altro che prima operava attraverso la castrazione e ora altrimenti.
    Allora, ecco due domande: come si chiama questo “qualcos’altro”? Come opera oggi?
    A proposito della prima, rileggendo questo testo scriverei perlomeno quest’altra sequenza:
    (1’) non c’è soggetto senza un certo far fronte al godimento, (2’) non c’è una regola universale o delle istruzioni buone per tutti da applicare per far fronte al proprio godimento, (3’) il padre dà un esempio di come trattare e far fronte al proprio godimento.

    Questa seconda sequenza non dà un posto strutturale al padre: diciamo che semplicemente gli dà un posto. Mi spiego: che sia inevitabile trovare un esempio, non è qui detto e se anche fosse detto (aggiungendo qualcosa al ragionamento), non sarebbe detto che quell’esempio deve essere fornito dal padre.
    Ecco allora la prima domanda che vorrei porre: quanto larghi sono i margini che contornano lo spazio di chi da (o ha da dare) quell’esempio singolare? Può non essere il padre biologico, ma può anche non essere chi svolge una funzione simile al padre (es: è il compagno della madre)? Può addirittura non essere neppure un uomo (maschio)?

    Alla domanda precedente tengo molto, ma, da un punto di vista teorico, ce ne sarebbe un’altra: se è vero che “non c’è soggetto senza un certo fra fronte al desiderio”, quali sono i limiti stando dentro ai quali qualcosa conta come “un certo far fronte”?
    Ad esempio: se tali limiti sono quasi per nulla esigenti, ci troviamo a spiegare perché Lacan dica che v’è soggetto anche nella psicosi; se invece i limiti sono più esigenti, allora può accadere che il soggetto non si costituisca o generi. La sequenza 1-3 indicava tali limiti: deve prodursi la castrazione (= qualcuno, sia esso il padre biologico o meno, deve svolgere la funzione del Nome del padre, cioè dare la Legge ecc.). Ora invece è tutto più sfumato – forse ancora più interessante, però.

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  5. Questo articolo è molto interessante; tra le altre ragioni anche per la segnalazione del libro di Zweig.
    Data la centralità del Nome del padre nel discorso di Lacan, però, vorrei porre alcune domande per capire quanto profondo è il "passaggio" che qui viene richiamato, quello all'ultimo Lacan, per intenderci.

    Io ho sempre creduto che per Lacan valesse questa sequenza:
    (1) non c'è soggetto senza castrazione, (2) non c'è castrazione senza Nome del padre, quindi (3) non c'è soggetto senza Nome del padre.
    Questa sequenza dà un posto strutturale al padre.
    Questa sequenza vorrebbe essere (nelle intenzioni di Lacan) la descrizione di una struttura simbolica? A me verrebbe da dire che vorrebbe essere la descrizione di una struttura DEL simbolico, cioè: non qualcosa che cambia con il cambiare delle configurazioni simboliche di cui si parla all'inizio di questo articolo. Per dire questa differenza, trovo nell'articolo questa bella espressione: "il reale irriducibile e necessario al fine della genesi soggettiva", dove non si parla in generale del Reale, ma del reale nascosto nella configurazione simbolica (e storica) della famiglia borghese. Insomma: a parte gli accadimenti transeunti, ci sono configurazioni simboliche che, pur inquadrando molti accadimenti, sono storiche (cambiano lentamente, ma cambiano) e vi sono anche strutture che sono invarianti, sebbene operino (cioè: strutturino) sempre attraverso la mediazione delle configurazioni storiche. Ecco, la sequenza precedente, ho sempre creduto che fosse parte delle strutture.
    Ora mi pare di scoprire che non è così.

    Allora ho pensato di ricostruire il passaggio in questo modo:
    non è la castrazione l’invariante, l’invariante è qualcos’altro che prima operava attraverso la castrazione e ora altrimenti.
    Allora, ecco due domande: come si chiama questo “qualcos’altro”? Come opera oggi?
    A proposito della prima, rileggendo questo testo scriverei perlomeno quest’altra sequenza:
    (1’) non c’è soggetto senza un certo far fronte al godimento, (2’) non c’è una regola universale o delle istruzioni buone per tutti da applicare per far fronte al proprio godimento, (3’) il padre dà un esempio di come trattare e far fronte al proprio godimento.

    Questa seconda sequenza non dà un posto strutturale al padre: diciamo che semplicemente gli dà un posto. Mi spiego: che sia inevitabile trovare un esempio, non è qui detto e se anche fosse detto (aggiungendo qualcosa al ragionamento), non sarebbe detto che quell’esempio deve essere fornito dal padre.
    Ecco allora la prima domanda che vorrei porre: quanto larghi sono i margini che contornano lo spazio di chi da (o ha da dare) quell’esempio singolare? Può non essere il padre biologico, ma può anche non essere chi svolge una funzione simile al padre (es: è il compagno della madre)? Può addirittura non essere neppure un uomo (maschio)?

    Alla domanda precedente tengo molto, ma, da un punto di vista teorico, ce ne sarebbe un’altra: se è vero che “non c’è soggetto senza un certo fra fronte al desiderio”, quali sono i limiti stando dentro ai quali qualcosa conta come “un certo far fronte”?
    Ad esempio: se tali limiti sono quasi per nulla esigenti, ci troviamo a spiegare perché Lacan dica che v’è soggetto anche nella psicosi; se invece i limiti sono più esigenti, allora può accadere che il soggetto non si costituisca o generi. La sequenza 1-3 indicava tali limiti: deve prodursi la castrazione (= qualcuno, sia esso il padre biologico o meno, deve svolgere la funzione del Nome del padre, cioè dare la Legge ecc.). Ora invece è tutto più sfumato – forse ancora più interessante, però.

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