venerdì 18 giugno 2010

Dalla parte dell'inconscio


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Marco Focchi

Relazione d'apertura al Convegno Dalla parte dell'inconscio, Torino 5, 6 giufno 2010


5 commenti:

  1. Eppure leggendo mi viene in mente proprio il paradosso aperto nel mondo della Scienza (con la S maiuscola...) dall'irruzione delle geometrie non euclidee, del principio di indeterminazione, cioè in sintesi dall'introduzione di una ineliminabile "soggettività" nel mondo di un'osservazione fenomenica che si voleva misurabile e si scopre non esserlo. Non tanto una rivoluzione copernicana, come è stato detto, che sposta il centro da un luogo (oggettivo) ad un altro (soggettivo), quanto la caduta di una presunzione di conoscibilità perfetta, l'irruzione del caos (la complessità diventa il nuovo metro di una impossibilità infinita, la farfalla che batte le ali a Tokyo e fa piovere a Londra). Anche nel sociale, nell'antropologia, nella storia, il tentativo di inseguire una scientificità intesa come oggettiva misurazione di un altro-da-se' si scontra con una complessità e con l'innegabile influenza che lo "Scienziato" esercita sull'esperimento, sulla misurazione, sulla visione delle cose. L'esperienza della scienza, come quella dell'analisi, non può essere allora anch'essa diversa a seconda di chi e con chi la si compie? La diversità fondamentale della psicanalisi mi pare più fondata sulla necessità della compresenza di analizzante e analista, su questo continuo dialogo e rapporto da cui non si può prescindere, laddove altri campi - anche terapeutici - pretendono di sostituire al discorso un dato tecnico (il referto di un esame medico, l'individuazione di una patologia secondo il DSM del momento, etc.), trascurando ancora una volta l'effetto della relazione medico-paziente, sociologo-società, insegnante-alunno.

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  2. In effetti la scienza contemporanea si è aperta in direzioni non classiche, non euclidee per l'appunto, dove anche il determinismo di tipo, diciamo, laplaciano, ha dovuto essere rivisto. Possiamo con questo dire che introduce la soggettività? Tutto ciò che è misurabile, sottoposto al calcolo, foss'anche nel principio indeterministico, riconduce credo, all'inevitabile oggettivazione necessaria la scienza per operare attraverso la tecnologia. Credo valga qui una distinzione importante tra numero, che Lacan esplora, in particolare nel seminario ...Ou pire, e lettera, come cifratura di godimento. Per schematizzare e semplificare potremmo dire che la scienza riesce ad essere operativa, decifrando la lingua matematica della natura, attraverso il numero, mentre la psicoanalisi passa per le risonanze incalcolabili della lettera. So che andrebbe precisato, ma sono solo, per ora, direzioni di ricerca

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  3. Questo articolo mi fa pensare all’ultima frase di “La volontà di sapere” di Foucault. Concludendo sui meccanismi di potere sottesi a quelli che lui chiama il dispositivo della sessualità e alle sue astuzie (dai procedimenti con i quali il Cristianesimo antico ci avrebbe fatto detestare il corpo alle astuzie con le quali da molti secoli siamo stati spinti ad amare il sesso e desiderabile la sua conoscenza fino al punto da esserne colpevolizzati per averlo misconosciuto) Foucault conclude: ”Ironia di questo dispositivo: ci fa credere che ne va della nostra ‘liberazione’…”. Un’ironia che si ritrova in tutta l’ analisi che Foucault fa del potere in questa opera. “Rendere spudorata la parvenza tanto da rendere vano il tentativo di circoscriverla in una forma”, come scrivi sopra, può formularsi come la risposta a questa credenza citata da Foucault. La psicanalisi va al di à della parvenza del potere - compreso quello del senso – proprio quando non demistifica in nome di un senso che starebbe all’origine e che sanerebbe i conflitti, ma ritrova nella pratica quell’insensato che è formula, lettera e garanzia dell’inconscio - in quanto non esauribile - e di libertà. E’ qui il punto di sbocco dallo stallo in cui inceppa la psicologia cognitiva quando, dimenticando il desiderio, non ipotizza la lettera ma crede di poter oggettivare il soggetto nel soggetto costituito. Penso a quante volte mi è capitato che alcune analisi improvvisamente prendessero un’altra via rispetto a quella suggerita , quasi imposta, dalla domanda iniziale improntata al disagio, al sintomo, alla malattia. Succede come se improvvisamente nel percorso entrasse in gioco un desiderio di altro che è l’imprevedibile nella cura stessa e che sgancia il soggetto dalla stessa storia con cui si presentava e forse si garantiva. Come scrive un poeta di haiku “In nessun cielo è rinchiuso il volo di un gabbiano”. Può forse formularsi così la risposta all’ironia citata da Foucault.

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  4. La differenza che richiami tra soggetto costituito e soggetto costituente, sulla quale Lacan ha battuto per un certo tempo, è fondamentale, ed è il motivo per cui occorre tornare oggi sul tema di un inconscio-soggetto. Le nuove forme di psicoterapia hanno ampiamente attinto ai concetti psicoanalitici. Anche il cognitivismo, per esempio, ha fatto posto a un concetto di inconscio. Ma si tratta di un inconscio oggettivato, di cui è possibile parlare con un metalinguaggio.
    Quel che fa oggi della clinica un problema inscindibile dalla politica è proprio la discriminante che passa tra un approccio al soggetto che lo prende come costituito, oggettivandolo (dalle farmacoterapie al cognitivismo al dirigismo terapeutico) e il riferimento a un soggetto costituente, che non risponde al calcolo. Foucault, con l'accento messo sui processi di soggettivazione, ne era ben consapevole.

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  5. A proposito di strade impreviste mi viene in mente una poesia tradizionale africana:

    La civetta disse all'urogallo: non cantare il sole, il sole non e' importante. L'urogallo tolse il sole dalla sua poesia. "Tu sei un poeta", disse la civetta all'urogallo. E regnava un'oscurita' splendida.

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