mercoledì 15 febbraio 2012

Autismo e psicoanalisi






Pubblichiamo le dichiarazioni dell'"Istituto psicoanalitico del bambino" in merito alla recente polemica scoppiata intorno al caso dell'autismo. La questione riguarda tutta l'Europa, dove i nostri colleghi in Spagna, in Francia, come noi qui in Italia, si sono trovati ad affrontare proposte di legge o linee guida degli istituti sanitari nazionali miranti ad escludere le psicoanalisi da trattamento dell'autismo. Questa è la punta emergente di una battaglia culturale e politica di portata molto ampia, che vede convergere le forze dello scientismo dominante e delle burocrazie amministrative attuali contro le forme d'espressione e di cultura che resistono alla riduzione della soggettività a mero oggetto di calcolo.

La posizione dell'Istituto psicoanalitico del bambino sul problema dell'autismo

Negli ultimi mesi l’Istituto psicoanalitico del Bambino è venuto a 
conoscenza di una strana campagna che mira a escludere la psicoanalisi dalla 
presa in carico di bambini e adolescenti autistici. Questa campagna culmina 
ora con una proposta di legge che ha mobilitato tutti i rappresentanti 
professionali[1] e le più grandi associazioni dei familiari (UNAPEI).

La suddetta campagna è il risultato di un intenso lavoro di lobbismo che 
adduce le intenzioni più lodevoli: migliorare le condizioni di una categoria 
della popolazione. Infatti, si tratta per i suoi promotori di ottenere dai 
poteri pubblici delle sovvenzioni massive a beneficio dei metodi di 
condizionamento, in modo da offrire delle soluzioni ready-made alle 
famiglie, che cercano con inquietudine delle soluzioni laddove c’è una reale 
penuria di accoglienza istituzionale.

L’Istituto psicoanalitico del Bambino riunisce degli psicoanalisti, degli 
operatori di istituzioni specializzate – psichiatri, psicologi, infermieri, 
ortofonisti, psicomotricisti -, dei professionisti del campo infantile – 
insegnanti, educatori, giuristi, medici… - che operano da molti anni con 
bambini che soffrono, orientandosi a partire dalla psicoanalisi, di Freud, 
di Lacan e dalle avanzate più recenti della ricerca clinica.

È a questo titolo che l’Istituto psicoanalitico del Bambino, attraverso la 
sua Commissione di iniziativa, vuole prendere posizione. Si tratta qui di 
testimoniare dei principi che governano la nostra azione.

1 – Ricordiamo che in Francia, a partire dagli anni ‘60-‘70, sono gli 
psichiatri infantili e gli psicologi formati alla psicoanalisi che iniziano 
a preoccuparsi della sorte dei bambini autistici, fino a quel momento 
collocati negli ospedali psichiatrici o in istituzioni chiuse, in cui la 
dimensione deficitaria era preponderante. Essi trovano appoggio negli 
psicoanalisti anglosassoni Frances Tustin, Margaret Malher, Donald Meltzer, 
e nell’istituzione di Maud Mannoni “la Scuola sperimentale di Bonneuil”, con 
il lavoro di Rosine e Robert Lefort, allievi di J. Lacan. L’insieme di 
questi lavori offre agli operatori – psichiatri, psicologi, infermieri, 
educatori, ortofonisti, psicomotricisti – l’idea di un trattamento possibile 
e di un’esperienza pratica che tengano conto del sintomo del soggetto, al di 
là della coercizione.

In questa prospettiva si creano i centri diurni, nel movimento di 
settorializzazione della psichiatria. Si tratta di offrire un’accoglienza 
che non sia basata sul deficit e che tenga conto della particolarità del 
soggetto. La situazione familiare fa parte di questa particolarità, poiché 
le costellazioni familiari sono lontane dall’essere tutte identiche. I 
genitori vengono accolti, ascoltati. I bambini, gli adolescenti, sono 
inseriti in piccoli gruppi, stimolati attraverso diversi 
“atelier-laboratori” in cui possono declinarsi i loro interessi. Nei 
momenti del pasto, del gioco, dello studio, sperimentano nuovi rapporti con 
gli oggetti e con le domande, con ciò che struttura il mondo di ogni 
bambino, ma da cui i bambini autistici si difendono.

2 – Questa lunga esperienza di diagnosi, di accompagnamento delle famiglie, 
di messa in opera di percorsi tessuti in modo particolare per ognuno, è 
stato oggetto di numerose pubblicazioni e di raccolte di lavori. Essa non 
avrebbe potuto sostenersi senza il riferimento quotidiano alla psicoanalisi, 
al suo corpus testuale, al suo vivace insegnamento.

Come situare oggigiorno il posto della psicoanalisi nel trattamento del 
bambino autistico? Proponiamo cinque assi di risposta:

- La formazione analitica, ovvero l’esperienza di una psicoanalisi 
personale, offre agli operatori un potente strumento per situare la loro 
azione presso i soggetti autistici alla giusta distanza, aiutandoli a tenersi distaccati
dagli ideali di normalizzazione o di normalità incompatibili con l’accompagnamento 
professionale di soggetti sofferenti.

- Il rispetto della posizione del soggetto è la bussola che orienta, in 
effetti, quest’azione. Non si tratta in nessun caso di lasciare il bambino, 
l’adolescente, preda, per esempio, delle sue stereotipie, delle ripetizioni, 
delle ecolalie ma, considerando questi fenomeni come un primo trattamento elaborato dal bambino 
per difendersi, si tratta piuttosto di introdurvi, discretamente, elementi nuovi che vanno 
a complessificare “il mondo dell’autismo”.

- La posta è innanzitutto che per il bambino possano localizzarsi l’angoscia o 
la perplessità generate in lui dall’essere interpellato da un altro, e dalla 
messa in gioco delle funzioni del corpo nel loro legame con questa domanda, funzioni che riguardano
nutrirsi o lasciarsi nutrire, perdere gli oggetti urinari e anali, guardare 
essere guardato, ascoltare e farsi ascoltare. Gli psicoanalisti da 
parecchio tempo hanno notato una varietà di rituali d’interposizione che constano di 
numerosi tratti sintomatici invalidanti. La creazione o la scoperta da parte 
del bambino di un “oggetto autistico”, qualunque ne sia la forma, è spesso 
una risorsa feconda per creare legami e spazi nuovi, liberi 
dalle costrizioni “autistiche”.

- Gli psicoanalisti non contestano in alcun modo l’inscrizione dei bambini 
autistici nei dispositivi d’apprendimento. Al contrario, mettono in risalto il fatto
che il soggetto autistico è spesso già “al lavoro”. Gli autistici cosiddetti 
“ad alto funzionamento” dimostrano in questo ambito un consistente investimento 
del pensiero, del linguaggio e del campo cognitivo, in cui trovano 
risorse inedite. Più in generale, per tutti i bambini, gli operatori cercano 
di privilegiare gli approcci pedagogici ed educativi più adeguati, 
per fare posto alle singolarità sociali e cognitive dei bambini autistici. 
Insegnanti ed educatori testimoniano, all’interno dell’Istituto 
psicoanalitico del Bambino, quel che hanno elaborato con il bambino o l’adolescente.

- In compenso gli psicoanalisti si oppongono con grandissima forza ai metodi cosiddetti “d’apprendimento intensivo”. Questi sono in realtà
metodi di condizionamento comportamentale che utilizzano massicciamente il 
lobbysmo, ovvero l’intimidazione, per promuovere “prese in carico” 
totalitarie e totalizzanti che si autoproclamano l’unico trattamento valido 
dell’autismo. Lungi da questo riduzionismo, occorre differenziare i diversi 
approcci dell’apprendimento. Gli psicoanalisti e gli operatori, raggruppati 
all’interno dell’Istituto psicoanalitico del Bambino, rappresentando tutte 
le categorie professionali presenti nel campo dell’infanzia, si dichiarano 
particolarmente legati, per i bambini e gli adolescenti autistici, ai 
sistemi di cura e di educazione esistenti in Francia, fintantoché essi 
permettono di suddividere le rispettive e differenziate responsabilità fra i 
professionisti della cura, dell’educazione e i genitori.

3 – Le classificazioni attuali dei disturbi mentali – in particolare il 
DSM – gettano una grande confusione nel dibattito, facendo apparire sullo 
stesso livello diagnostico sintomi dell’infanzia quali la balbuzie o l’enuresi, 
“disturbi” riferiti a una normalità sociale (quali i “disturbi oppositivi 
provocatori” o i “disturbi del comportamento”) e l’autismo (“disturbo 
autistico”). L’autismo, e le sue diverse forme, risulta così isolato come l’unico 
vero e proprio quadro clinico della categoria “Disturbi pervasivi dello 
sviluppo”. I dibattiti in corso sulla continuità dello “spettro autistico”, 
sull’opportunità di mantenere nella stessa serie dei disturbi pervasivi 
dello sviluppo (PDD) i cosiddetti “Asperger”, mostrano quanto tale categoria 
sia instabile. All’interno di tale “spettro”, occorre esaminare nel 
dettaglio i fenomeni d’invasione del corpo e collocare le manifestazioni 
strane e inquietanti di cui esso è preda. Gli psicoanalisti e i numerosi 
operatori d’orientamento lacaniano accompagnano così molti bambini e 
adolescenti in questa elaborazione, che permette loro di mantenere o di 
trovare un posto nel legame sociale e familiare. I genitori, grazie a questo, possono 
autorizzarsi a parlare di alcuni tratti del loro figlio, possono coglierne il 
valore, nonostante il carattere strano di questi tratti. Tale lavoro è necessariamente 
lungo, giacché presuppone il fatto di prendere in causa una differenza del bambino 
che va contro le attese e i desideri che circondano la sua presenza al 
mondo. Lo psicoanalista, in posizione di raccogliere tale sofferenza, deve 
essere attento alla sofferenza dei genitori e sostenerli nella loro prova.

4 –Molteplici ipotesi eziologiche – genetiche, vacciniche, neuro 
cognitive, ecc. - presentate come verità scientifiche spesso in base soltanto
a un unico articolo pubblicato su una rivista, del cui carattere distorto si verrà a conoscenza 
solo qualche mese o anno dopo – circolano nei media e 
sconvolgono le famiglie. Queste ipotesi causali corrispondono strettamente alla 
riduzione dell’autismo a un disturbo dello sviluppo, presentato come una 
malattia genetica se non addirittura epidemica. Esse si avvalorano della 
legge del 2005 sull’handicap, che pure non mira in alcun modo ad affermare qualcosa del tipo: “È un handicap, dunque non è una malattia”, ma permette un 
orientamento adeguato per il bambino e un aiuto per la famiglia. Molto su questo 
punto resta da fare, e le associazioni dei genitori sono una forza 
indispensabile e imprescindibile per far avanzare progetti adatti, in 
particolare per i bambini più piccoli, per gli adolescenti e per i giovani 
adulti. In questo senso, l’annuncio che l’autismo è una grande causa nazionale 
può solo rallegrare tutti coloro che sono mobilitati per prendersi cura 
dei bambini e degli adolescenti autistici.

5 – Gli psicoanalisti seguono tutti i dibattiti scientifici sulle 
cause dell’autismo infantile. Qualunque siano le cause, queste non possono ridurre 
il soggetto a una macchina. Gli psicoanalisti tengono conto delle sofferenze che 
incontrano e promuovono istituzioni e pratiche per garantire che il 
bambino e la sua famiglia saranno rispettati nel loro aspetto soggettivo. 
Facilitano, ogni volta che è possibile, l’inserimento del bambino in legami 
sociali che non lo destabilizzano. Non sono detentori di una verità 
“psicologica” sull’autismo, non sono promotori di un “metodo educativo” 
particolare. Sono portatori di un messaggio chiaro per il soggetto 
autistico, per i genitori, e per tutti coloro che, in istituzione o nell’accoglienza 
individuale, hanno deciso e fanno la scommessa di accompagnarli- e gli 
psicoanalisti sono tra questi. È possibile costruire un altro mondo 
rispetto al mondo della difesa e della protezione in cui è chiuso il bambino 
autistico. È possibile costruire una nuova alleanza tra il soggetto e il 
suo corpo. Lo sforzo di tutti mira a dimostrare clinicamente questa 
possibilità.



La Commissione d’iniziativa dell’Istituto psicoanalitico del Bambino

: Judith Miller (Parigi), Dott. Jean-Robert Rabanel (Clermont-Ferrand), 

Dott. Daniel Roy (Bordeaux), Dott. Alexandre Stevens (Bruxelles).



Traduzione di Beatrice Bosi, Pierangela Pari, Adele Succetti, Monica Vacca

. Revisione di Rosanna Tremante